Ansia patologica e ansia normale

Cura e trattamento dell’ansia.

Cos’è l’ansia.

Una delle richieste che più spesso ricorre negli studi di ogni psicologo o psicoterapeuta, e che ricorre frequentemente anche nel mio, quando tratto l’ansia a Trapani, è probabilmente: “Dottor*, mi aiuti ad eliminare l’ansia, non voglio più averla”.  Partirei, quindi, col dire che l’ansia è un emozione normale esattamente come le altre. Viene “prodotta” (mi si passi il termine poco scientifico) dai bed nucleus of the stria terminalis. 

Substrato neuronale dell’ansia

Un area poco vicina all’amigdala, che è a sua volta un area del cervello collegata ad un’altra emozione molto importante: cioè la paura. Come si può facilmente dedurre, quindi, l’ansia e la paura hanno un substrato abbastanza comune, questo si riflette anche nel loro legame molto stretto in termini di funzioni e scopi sia nell’evoluzione umana che nella clinica. Si pensi, ad esempio, alla paura che avevamo dei predatori nella preistoria o all’ansia dei gladiatori prima del combattimento come fosse utile a livello fisico per far fluire il sangue agli arti superiori ed inferiori e potenziare i muscoli.

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Comincerei col dare una piccola definizione di cosa sia l’ansia in sé e per sé, pertanto. L’ansia può essere descritta come “anticipazione apprensiva di un pericolo o di un evento negativo futuri, accompagnata da sintomi fisici di tensione” (American Psychiatric Association, 1994; 2013). Da questa definizione possiamo dedurre due cose molto importanti:

  • La paura è una risposta adattiva a un pericolo identificabile, presente nel momento attuale, associata solitamente a una reazione di attacco o fuga. L’ansia, invece, è una complessa risposta preparatoria verso un pericolo che non si è ancora realizzato o non è stato identificato.
  • L’ansia esattamente come la paura ha una sua specifica attivazione fisica
Ansia di stato e di tratto.

Possiamo anche dividere l’ansia in due macro – categorie:

  • Ansia di stato, cioè quello stato transitorio caratterizzato da sentimenti soggettivi di tensione e apprensione e da aumentata reattività del sistema nervoso autonomo (ad esempio, tachicardia, iperventilazione, senso di stordimento) che può variare e fluttuare nel tempo.
  • Ansia di tratto: caratteristica disposizionale in grado di spiegare le differenze tra le persone nella tendenza a rispondere con elevazioni di intensità dell’ansia di stato a situazioni percepite come minacciose” (Cattel & Scheier, 1958; Spielberger, Gorsuch, & Lushene, 1977).
Ansia normale e ansia patologica: sintomi dell’ansia. 

Quando l’ansia normale diventa ansia patologica? Nella mia esperienza clinica nel trattamento dell’ansia, essa può sfociare in molti disturbi, tra cui, ad esempio, il disturbo da attacchi di panico. Leggi qui il mio articolo a riguardo. L’ansia generalmente diventa un problema serio ed una malattia nel momento in cui inficia notevolmente sulla qualità di vita di una persona. I pazienti con problemi d’ansia hanno difficoltà anche in semplici attività come prendere un autobus o fare la spesa. Caratteristiche che tutti hanno in comune: evitamento, controllo e rimuginio*(qui metto un asterisco e ci torno dopo). In sintesi, possiamo dire che hanno del tutto cambiato le loro strategie di coping, cioè il loro modo di affrontare dei momenti difficili, lo stress o le loro abitudini sociali.

Nel dettaglio, l’ansia diventa un problema quando:
  • Si manifesta frequentemente e perdura nel tempo.
  • Si manifesta in maniera eccessiva e sproporzionata rispetto alla situazione.
  • Si manifesta in momenti non appropriati.
  • Si manifesta con un’intensità tale da non consentire alla persona di svolgere le normali attività.
  • Perdura nel tempo.

Molte volte può capitare che un significativo stato d’ansia perduri nel tempo per mesi ed anni tanto da essere percepito come “normale”. Un perenne stato d’ansia normalizzato solitamente da vita a disturbi latenti come tratti di personalità veri e propri clinici o subclinici. Questo avviene solitamente in chi ha una bassa sensibilità all’ansia. Cioè la sensibilità personale all’ansia ed alle sue manifestazioni fisiche, la così detta Anxiety sensitivity (AS), un costrutto molto importante che può agire da amplificatore o moderatore dell’ansia.

Sensibilità all’ansia.

Magari io sto avendo un po’ di mal di stomaco per l’ansia che provo nei confronti dell’esame di domani, ma se tale mal di stomaco diventa sintomo del fatto che sto per avere un infarto, allora è chiaro che l’ansia aumenterà esponenzialmente. La sensibilità all’ansia (Anxiety Sensitivity, AS) è una caratteristica disposizionale che si riferisce alla paura nei confronti dei sintomi d’ansia e delle sensazioni fisiche che a essi si associano.  I sintomi temuti da chi presenta elevata AS includono le modificazioni fisiologiche che possono aver luogo normalmente.

Esempi:
  • “Mi spavento quando il mio cuore batte rapidamente”.
  • “Quando sento un dolore al petto, temo che potrebbe venirmi un infarto”.
  • “Per me è importante non apparire nervoso”. “Mi spaventa arrossire davanti agli altri”. 
  • “Se i miei pensieri scorrono velocemente, mi preoccupo di poter impazzire”.
  • “Quando ho difficoltà a pensare lucidamente, temo di avere qualcosa che non va”. 
Perché è importante? 

È un costrutto molto importante perché permette di comprendere se il problema attenga all’ansia in quanto tale, o alle meta – credenze sull’ansia (ovvero a quelle idee sulla sua intollerabilità). La paura derivata da un eccessiva sensibilità all’ansia è il risultato di una interpretazione erronea che la persona dà di tali sintomi, ritenendo che queste sensazioni possano causare conseguenze fisiche, psicologiche o sociali negative e pericolose (ad esempio, morte, pazzia o rifiuto sociale). (Reiss & Mc Nally, 1985).

Psicoterapia dell’ansia: rimuginio o worry e controllo (parte I).

Una psicoterapia efficace per l’ansia patologica non può esimersi dal trattare due aspetti principali: i meccanismi di mantenimento dell’ansia e le meta – credenze del paziente intorno all’ansia. In questo paragrafo parleremo dei primi. Ricordate l’asterisco sul rimuginio, il controllo e l’evitamento? Ecco, ci sto tornando. Il worry o rimuginio, può essere definito come:

“catena di pensieri o immagini, gravata da emozioni negative e relativamente incontrollabile. […] Rappresenta un tentativo di impegnarsi in un problem solving mentale su una questione dall’esito incerto dove esistono possibilità di esito negativo”. 

Continuum funzionale – disfunzionale 

Immaginate la notte prima di un esame: tutti noi, almeno una volta, ci siamo impegnati nel tentativo di immaginare come avremmo detto o fatto, o le domande che ci sarebbero state poste durante l’esame. Questa catena di pensieri che ci ha, probabilmente, abbassato o alzato (dipende il contenuto del dialogo interno che è intervenuto…) il livello di ansia in quel momento, è definito worry o rimuginio. Si configura come un fenomeno normale di cui tutti hanno esperienza, descrivendo un continuum tra un processo di problem-solving adattivo e funzionale e uno disadattivo e disfunzionale.  La sua funzione è quella di far mantenere alti livelli di vigilanza in vista di un possibile pericolo, richiamando l’attenzione sul problema e spronando l’identificazione di soluzioni (Mathews, 1990). Riduce l’ansia quando utilizzato in maniera corretta e funzionale, la aumenta quando invece tale dialogo interno è nocivo, tossico o non controllabile.

Caratteristiche di chi rimugina

Coloro che rimuginano sono inclini al sentirsi poco capaci di poter controllare gli eventi incerti (Harvey, Watkins, Mansell, & Shafran, 2004), per questo utilizzano il rimuginio come strumento mentale per anticipare e controllare il possibile verificarsi di un evento futuro temuto. Il non verificarsi delle conseguenze temute determina, quindi, il rinforzo di tale processo di pensiero (Borkovec et al., 2004). Il pensiero che rinforza il riutilizzo del rimuginio è il seguente: “Non è successo niente di male perché ho pensato davvero a tutto!”.

Ed è da qui che si genera poi il meccanismo comportamentale del controllo sia a livello fisico, fattuale che cognitivo. Si pensi alla famosa scena di Verdone col personaggio Furio nella partenza d’agosto con Magda (clicca qui). Tutto sembra un paradosso ed un cortocircuito, ed è proprio questo a mantenere l’ansia: rimuginando su ciò che ci preoccupa non stiamo davvero elaborando emotivamente quanto accadrà ma ci stiamo crogiolando in essi sterilmente. Ciò nonostante, continuiamo a farlo proprio per gestire l’ansia e l’attivazione emotiva che si prova.

Psicoterapia dell’ansia: evitamento (parte II).

L’evitamento esattamente come il worry è una modalità – questa volta comportamentale – per gestire l’attivazione ansiosa. Lo scopo, dunque, è sottrarsi dall’esporsi a situazioni, persone, eventi temuti per evitare di affrontare l’emozione negativa che ne deriva. Che prezzo si paga però per aver evitato una situazione per l’ansia che ci stava generando? Probabilmente l’emozione la prossima volta si presenterà ancora più forte. Davanti ad una situazione immaginaria o reale, evitare il confronto produce esattamente il suo opposto: conferma la necessità di continuare ad evitare, la pericolosità della situazione, e di conseguenza, una attivazione emotiva superiore. Si pensi, ad esempio, alle fobie: evitare di volare con l’aereo per la fobia di volare, produrrà solo un aumento dell’ansia al solo pensiero di dover andare in aereo porto la prossima volta. Se vuoi prenotare un appuntamento per imparare a gestire meglio la tua ansia, clicca qui. 

Cura e trattamento dell’ansia a Trapani e dell’ansia a Palermo.

Dott. Giuseppe Scuderi,
Psicologo a Trapani e Psicologo a Palermo.

420 355 Giuseppe Scuderi
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