Potenziamento dell’autostima
L’autostima è un concetto proprio della psicologia del sé, nata con Carl Rogers, e studiata a fondo (soprattutto per l’effetto noto al grande pubblico come “profezia che si auto avvera”) in ambito di ricerca, consiste nell’insieme dei giudizi di valore che ognuno di noi crede profondamente di meritare per sé. Attiene, quindi, come costrutto alle idee, agli schemi ed alle credenze più profonde che ognuno ha su di sé. Ecco perché quando tratto una ri-costruzione o una costruzione dell’autostima a Trapani lo faccio unicamente tramite una psicoterapia. Battistelli nel 1994 rintraccia tre elementi fondamentali che ricorrono in maniera costante in ogni definizione di autostima al di là dell’orientamento teorico in considerazione:
- L’individuo è capace di auto osservarsi ed auto conoscersi
- L’individuo è in grado di valutarsi e possiede un giudizio generale su di sé
- Ad ogni giudizio corrisponde un aspetto affettivo positivo o negativo
La costruzione o ri-costruzione dell’autostima
Esattamente come un palazzo l’autostima è qualcosa che va costruita lentamente, giorno dopo giorno. La psicologia del sé indica l’autostima come l’insieme delle credenze o degli schemi positivi sul proprio sé. Un esercizio fondamentale per valutarla durante una seduta di psicoterapia, ad esempio, è proprio l’auto descrizione in terza persona. Un ulteriore modalità può scaturire dal confronto tra le aspettative e gli ideali di un individuo su di sé e la realtà. Ad esempio, se cominciassi a pensare che soltanto da miliardario sarei realizzato e pienamente soddisfatto, è chiaro che ogni successo personale che vivrò sarà vissuto in maniera neutra, negativa o con scarsa partecipazione. A lungo andare questo dis-match tra aspettative e realtà mi porterà a non costruire mai una sana autostima.
Sé ideale e sé reale
Parliamo, dunque, di sé ideale e sé reale. Il sé reale corrisponde a ciò che noi realmente siamo: ad esempio, io sono uno psicologo, uno psicoterapeuta in formazione, un perito del tribunale di Trapani e così via… se cominciassi dal nulla a pensare di essere Freud, starei delirando. Il sé ideale, invece, corrisponde a come l’individuo vorrebbe essere. L’autostima scaturisce, pertanto, dalla vicinanza tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. Maggiore sarà la distanza, minore sarà la stima di noi. Ecco perché per la costruzione di una buona autostima è bene avere un sé ideale come stimolo alla crescita, ma non troppo distante da ciò che siamo attualmente. Se lo si avverte troppo lontano o, peggio, irragiungibile… l’individuo potrebbe ridimensionare i propri desideri.
Alta autostima: ma che vuol dire possederla?
- Maggiore perseveranza nel riuscire in un’attività che appassiona
- Relativizzazione degli insuccessi
- Alta partecipazione ed alto entusiasmo davanti una nuova sfida
- Dialogo interno propositivo, affettuoso, comprensivo, consapevole
(Non per forza a contenuto positivo)
- Sé autonomo e consapevole delle proprie vulnerabilità
E gli altri?
L’autostima si costruisce anche nel confronto con gli altri, non ci si può esimere da questo. Per questo è molto importante la capacità di “specchio sociale”, ovvero, la capacità di distinguere quanto dagli altri comunicato su di noi, effettivamente è vicino a come noi ci osserviamo. Se ogni cosa che l’altro ci dicesse fosse in automatico vera, sarebbe un bel problema. Questo filtro è proprio l’autostima (e funziona nel bene e nel male). Ecco perché non basta fare dei complimenti ad una persona con scarsa autostima per farla felice, innalzargliela o fargliela costruire, ed è invece necessaria una psicoterapia: se io mi valuto come negativo, non efficace, assolutamente non lodevole e non degno di complimenti, se l’altro va in direzione opposta al mio giudizio, allora “sta esagerando”, “sta mentendo perché prova dell’affetto”, “perché è il mio psicologo” e così via. Altro costrutto importante è il confronto sociale, da ciò che siamo e da come vediamo gli altri ne scaturisce una valutazione su di noi. Kelly (1955), il padre della Psicologia dei Costrutti Personali, ad esempio, considera ogni persona uno ‘scienziato’ che osserva, interpreta (i.e: attribuisce significati alle proprie esperienze) e predice ogni comportamento od evento, costruendo, tra l’altro, una teoria di sé per facilitare il mantenimento dell’autostima. Questo avviene quando i costrutti personali sono sani, funzionali e lassi (cioè flessibili).
Potenziamento dell’autostima
Talvolta le autoanalisi che contribuiscono definire l’autostima di una persona sono falsate. In quanto esseri umani ragioniamo spesso per euristiche di pensiero, a loro volta influenzate dai nostri schemi e dalle nostre credenze su di noi, sul futuro e sul mondo. Sacco e Beck (1985) indicano una serie di distorsioni cognitive, che sono:
- Le inferenze cognitive, attraverso le quali gli individui maturano delle idee senza considerare dati reali o obiettivi perseguiti e raggiunti.
- Astrazioni selettive: prendere un particolare negativo, estrapolarlo da un contesto e portarlo come prova cardine di un giudizio specifico
- Sovrageneralizzazioni: prendere uno specifico tratto di personalità di una persona, una esperienza in cui con lui quest’ultimo è risultato preponderante, e renderlo rappresentativo del nostro o dell’altrui modo di essere.
- Polarizzazione: aumentare o diminuire i singoli effetti (positivi o negativi) di una singola azione o di uno specifico evento che ci vede coinvolti o protagonisti.
- Personalizzazione: autorizzazione a sentirsi colpevoli per qualche evento negativo accaduto.
- Pensiero dicotomico: incapacità ad ammettere sfumature nell’assunzione di responsabilità: ricondurre tutto ad una visione bianco o nero.
Ecco perché un buon lavoro sull’autostima non può esimersi dal considerare una psicoterapia sul proprio sé, sul proprio modo di funzionare, sulle strategie e le distorsioni cognitive che più spesso si utilizzano per vedere o semplificare il mondo. L’ultima modalità con cui si potenzia l’autostima è l’attribuzione causale. Ognuno di noi cerca di spiegarsi un evento tramite una propria teoria che ci può vedere protagonisti o spettatori, o assenti. In ognuna di queste tre condizioni, comunque, si sta cercando una causa. Per questo motivo davanti un successo personale possiamo dire di noi qualcosa come “è stata solo fortuna / il professore si è svegliato felice oggi” oppure “grazie alla mia tenacia, al mio impegno nello studio, ho raggiunto un obiettivo importante oggi e sono fiero di me”. Delle due, quale ci permetterà di mettere un mattoncino sul palazzo dell’autostima personale? Weiner, nel 1994, ha affermato che le attribuzioni possono essere distinte in base a tre dimensioni:
- Locus of control: ossia se la causa di un successo (o di un fallimento) è interna o esterna alla persona.
- Stabilità: per cui le cause possono essere stabili o instabili nel tempo (per esempio la facilità del compito è stabile, al contrario la fortuna è instabile.
- Controllabilità: non tutte le cause possono essere controllate dal soggetto;
Va da sé che attribuire i successi personali a cause esterne, non controllabili e instabili porti a lungo andare ad una distruzione costante della propria autostima. Per questo motivo implementare un self – talk positivo nel senso di affettuoso, gratificante, comprensivo, onesto e consapevole è la base per la costruzione di un sé reale consapevole delle proprie vulnerabilità, flessibile, con alto auto controllo, audace e fiducioso in sé e negli altri. Ti aspetto nel mio studio
A presto!